23 Ott 2015, 16:19 | Attualità News | Scritto da : webrep
Personale dell’ indimenticato pittore reggiano nello spazio espositivo di via Roma
Alla Galleria 13 di via Roma 34/B è aperta fino al 29 novembre (dal giovedì alla domenica, dalle 10 alle 13 e dalle 15.30 alle 19.30) un’interessante mostra di quadri ad olio del pittore reggiano Alberto Manfredi. In esposizione ci sono opere ad 17 olio di diverse dimensioni e soggetto, dalle affascinanti modelle dai colori caldi, ai paesaggi dalle più svariate tonalità di verde, in una panoramica a 360° di un grande colorista ed incisore del ‘900. Alberto Manfredi nasce a Reggio Emilia il 26 febbraio 1930, da Giuseppe e Fernanda Selegari che Giuseppe aveva sposato in seconde nozze. Consegue la maturità classica al Liceo Ariosto di Reggio e in seguito la laurea in Lettere a Bologna. Nel 1952 con una lettera di presentazione in mano, si recò a Roma per conoscere Maccari, iniziando così una lunga amicizia, ripresa negli anni in cui sarebbe divenuto assistente di Maccari alla cattedra di Tecniche dell’incisione presso l’Accademia di Belle Arti, per poi diventare, in seguito, titolare della stessa cattedra a Firenze. Fu proprio grazie all’interessamento di Maccari che negli anni universitari a Bologna potè cominciare a frequentare la casa di Giorgio Morandi. La sua ricca attività di incisore, raccolta parzialmente in quattro cataloghi pubblicati dal principale mercante italiano di stampe del Novecento, Dino Prandi, lo ha portato ad avvicinarsi anche a forme di espressione artistica meno usuali, come i linoleum eseguiti per le etichette dei vini dell¹amico Sergio Manetti. Le caratteristiche salienti della sua arte grafica¬ un linguaggio preciso, rigoroso e sobrio, che ha voluto sempre tenersi distante dalle mode, ricercando in se stesso e nelle sue profonde radici protonovecentesche (da Degas a Beckmann, da Modigliani a De Pisis) le proprie ragioni espressive ¬ si riscontrano allo stesso modo nella sua pittura, e non è certo un caso che uno dei protagonisti dell¹arte italiana del Novecento, Mino Maccari, scrivesse di lui che restava “fra i pochi pittori che sanno ancora disegnare”. Numerosissime le mostre personali, alla Galleria del Milione e alla Galleria Il Mappamondo di Milano, alla Galleria Pananti di Firenze, al Palazzo del Parlamento Europeo di Strasburgo, alla Bouquinerie de l’Institut di Parigi, culminate pochi mesi prima della sua scomparsa in una grande mostra antologica di oltre cento dipinti organizzata nel 2000 a Palazzo Magnani nella sua città. “Bisogna riconoscere, e con piacere, che Alberto Manfredi ha la virtù di scatenare in noi le forze dell’immaginazione, di infiammarci il cervello – dice il critico Corrado Marsan – il suo racconto, infatti, è sotteso da voglie complesse, da ricordi volutamente annebbiati e da entusiasmi improvvisi che affiorano, sulla scena, con una furia talvolta incontrollata e nelle occasioni più innocenti. Altro che dormiveglia e autonomismo psichico: Manfredi ha un occhio dotato di una vista acutissima, che riesce a leggere il centesimo di millimetro, che riconoscere le impronte digitali, i luoghi e le cose, e che riesce a contare i pori della pelle”.