8 Mar 2017, 14:00 | Attualità News Spettacoli | Scritto da : Reporter
L’otto marzo ha ancora un senso se serve ad allontanare sempre più il confine con la barbarie
Di Gabriele Cantarelli
Festa sì, festa no. Mimose sì, mimose no. Manifestazioni sì, manifestazioni no. Ogni anno l’8 marzo si scatena il dibattito attorno all’opportunità o meno di celebrare questa ricorrenza. Al netto degli improbabili menù da discoteca con strip men e cene afrodisiache resta la drammatica attualità di un’altra metà del cielo ancora in attesa al gradino inferiore. Lo dicono le statistiche impietose nel raffigurare la mancanza di donne nei ruoli chiave della finanza, della politica, delle istituzioni. Lo ribadisce la triste, ma inevitabile, consuetudine di prevedere legislativamente l’obbligo di “quote rosa” in seno agli organismi elettivi e di rappresentanza. Lo dice, last but not least, la triste e squallida cronaca quotidiana di delitti, soprusi e sofferenze causate dai “ex mariti” ed “ex fidanzati” che in realtà sono soltanto degli “ex esseri umani” incredibili nello scambiare ancora l’amore per il possesso nell’anno domini 2017.
I social network non aiutano, e neppure una legislazione ancora troppo giovane nell’affrancarsi da un diritto nazionale che dal “delitto d’onore” in giù poco ha fatto per le donne se non solo per quanto riguarda la legislazione in merito all’affido dei figli dopo separazione e divorzio. E allora ben venga l’otto marzo. Se serve a fermarsi anche solo un minuto a riflettere. Ben vengano le mimose se accendono di giallo gli occhi delle persone troppo distratte per approfondire le piaghe di una società civile incapace di guardare oltre. Viva le donne, viva gli uomini, viva le persone!