17 Gen 2020, 16:57 | Attualità News Visite insolite | Scritto da : Reporter
Anche la Casa del Tibet di Votigno in India per un Meeting internazionale
Oltre 180 delegati di 42 paesi del mondo sono stati chiamati a raccolta dal Parlamento Tibetano a Dharamasala nei giorni scorsi per parlare di Tibet e del nostro Pianeta “malato” in occasione dell’Ottavo Meeting Internazionale dei Gruppi di Aiuto al Tibet.
Nella delegazione italiana, oltre al reggiano Stefano Dallari, Presidente della Casa del Tibet, c’erano anche Claudio Cardelli dell’Associazione Italia -Tibet con Gunther Cologna e Marilia Bellaterra. A fare gli onori di casa il Primo Ministro tibetano Lobsang Sangay che ha accolto il rappresentante della Casa del Tibet Italia con particolare attenzione. Merito della bellissima visita che la Casa del Tibet di Votigno di Canossa ha dedicato al Primo Ministro lo scorso mese di luglio, nel ricordo dei 20 anni dalla visita a Votigno del Dalai Lama. “E’ Stefano Dallari – ha detto Sangay nel presentare il reggiano agli altri delegati – Presidente della Casa del Tibet d’Italia. Ha creato un centro molto bello sulle colline di Canossa, nel nord Italia. Ha coinvolto i politici della sua zona e hanno votato tutti all’unanimità, per la pace in Tibet con il dialogo con i Cinesi. Un documento unico per la sua completezza. Canossa, ricca di storia, esempio di dialogo, si è messa a diposizione per i colloqui di pace diventando un punto di riferimento nel mondo”. Sangay si è poi rivolto alla sala per iniziare un riuscitissimo Meeting Internazionale.
“Dobbiamo essere ottimisti e lavorare insieme”, con l’applauso convinto di tutti nell’attesa del vicino incontro con il Dalai Lama, oggi solo capo spirituale e non politico del Tibet in esilio, ma pur sempre la voce più autorevole e carismatica per chi si occupa del “Tetto del Mondo”. Salutarlo è anche un modo di celebrare i trent’anni del suo Nobel per la Pace. La sala delle udienze del suo modesto palazzo è gremita in ogni ordine di posto e il Dalai Lama è puntuale e sorridente. La sua voce decisa. Le preccupazioni sulla sua salute sembrano lontane. Guarda la platea dei delegati e sembra scrutare dentro la mente di tutti: “Studiosi cinesi – inizia con forza – vengono spesso qui a Dharamsala per incontrami e discutere di religione e cultura. Sono discussioni molto interessanti. Mi dicono quello che non possono dire in patria, che il Buddismo, quello della scuola che seguo, quello antico di Nalanda, è prezioso perché è in sintonia con le ultime scoperte della scienza. Antico e moderno si fondono per il progresso dell’Umanità. Questa secondo loro sarà una via che ispirerà molti pensatori e scienziati. Tante persone poi, in Cina, si stanno avvicinando alla dimensione spirituale: ci sono più di 300 milioni di buddisti. Molti infatti di quei milioni di visitatori che arrivano come turisti in Tibet ritornano affascinati dalla cultura e della religione del Tetto del Mondo”.
Per questo, molti al Congresso, dopo le affermazioni del Dalai Lama sono convinti che la prossima rivoluzione in Cina arriverà “dal di dentro” e il buddismo alimenterà la verità e la giustizia al di della propaganda del regime.
Parte con questa nuova visione sul futuro del Tibet il Meeting e il documento finale del convegno mette a fuoco due punti fondamentali: lo stato di pericolo per il cambiamento climatico sull’altopiano tibetano e il dialogo per risolvere il sempre più grave problema del Tibet. Tornando al primo punto, il pericolo del cambiamento climatico è drammatico sull’Altopiano tibetano con l’accelerazione dello scioglimento dello strato di ghiaccio superficiale (“permafrost”) con la liberazione di enormi quantità di gas serra. Antico di millenni, questo ghiaccio è inoltre un indispensabile filtro per purificare le acque che dall’Himalaya creano le sorgenti dei più importanti fiumi del mondo. Grande quindi il pericolo della contaminazione delle acque potabili con rischi per intere popolazioni.
Salvare il Tibet dall’assoluta non curanza per l’ambiente da parte della Cina che continua a scavare miniere, lasciate poi a cielo aperto ,per ricerca di minerali rari è salvare il Pianeta. Altro passaggio importante del Meeting quello politico e la denuncia della sempre più marcata ingerenza cinese su tutti i livelli della vita tibetana. Con l’uso recente della tecnologia e il riconoscimento faciale in pratica ogni tibetano è schedato elettronicamente e costantemente controllato. Ad ognuno corrisponde poi un punteggio che, in base ai parametri fissati dal Governo, lo considera più o meno pericoloso Così ad un individuo considerato non in linea con i programmi politici scatta l’interdizione ad entrare nei locali, ad usufruire di mezzi pubblici, ad accedere ai servizi sociali e naturalmente essere assunto in compiti di rilevanza sociale.
I figli di questi individui “sgraditi” non riceveranno nessuna educazione pubblica e sono condannati all’emarginazione se non si “correggono “ imparando il cinese e seguendo gli schemi imposti dal sistema cinese. Siamo ben lontani dal rispetto dei diritti umani e dal rispetto della storia, della cultura e della religione di un popolo. “Ma i tibetani non rinunciano alla loro cultura, anche a costo della vita. E sempre praticando la non violenza. Siamo un esempio per il mondo!”, la voce unanime da Dharamasala. Lo stesso trattamento dei tibetani oggi è imposto dalle autorità cinese a quasi due milioni di Uiguri, di religione mussulmana nella regione cinese dello Xinjiang. Un dossier segreto uscito di nascosto ha rivelato che le autorità cinesi hanno ordinato il pugno duro contro questa popolazione di confessione mussulmana e almeno un milione di loro sono internati in campi di rieducazione. Terribile.
Al congresso era presente anche un rappresentante della dissidenza di Hong Kong: “Non rinunceremo mai alla nostra lotta fino a quando non conquisteremo la democrazia. Stiamo lottando, anche a rischio della vita, per la libertà di tutti. E’ un dramma se il mondo ci lascia soli”.
Infine, come auspicio di soluzione al problema Tibet, grande spazio alla proposta di riprendere il dialogo, interrotto da anni per decisione cinese, con il Governo Cinese per una soluzione basata sulla “Via di Mezzo”, nell’interesse di ambedue le parti e sempre sposando la non violenza. “Tutti dobbiamo mobilitarci – ha concluso Lobsang Sangay- coinvolgete tutti i politici e gli amministratori che conoscete, gli uomini di cultura di spettacolo. Tutti! Aiutare il Tibet significa oggi aiutare il mondo a ritrovare la Pace e il progresso: è in fondo aiutare noi stessi.” “Noi ci siamo!”, la risposta di Stefano Dallari e di tutta la delegazione italiana.